Il mistero del calzino spaiato

C’è una questione grave che non riesco mai a risolvere, è il mistero del calzino scomparso.
Per quanto mi impegni, e giuro lo faccio veramente, spesso e volentieri mi ritrovo con i calzini spaiati.
Non ho ancora scoperto come questo succeda, se scompaia in lavatrice, si nasconde nel cassetto oppure se lo mangia la tartaruga. Il fatto è che il conto non torna mai.
Il calzino fuggitivo a volte ritorna, quando ormai avevo perso le speranze e subito ne sparisce un altro. Forse giocano tutti quanti a nascondino e ovviamente a qualcuno tocca cuccare. E’ un problema diffuso, ed è uno dei misteri più misteriosamente misteriosi che inquietano il genere umano.
Ceste di calzini spaiati che, dico io, dicono tutti, pure se fossero andati a finire sotto il letto, dietro i mobili, in un altro bucato, dentro a una scarpa, prima o poi uscirebbero fuori e si riappaierebbero, e invece no: il secondo calzino scompare inghiottito da qualche entità astrale, scompare nel buco dell’ozono....e tentare di interrogare i miei animali domestici ?…magari ne sanno più di quanto possa immaginare.
Qualcuno dice che, lavati in bucati diversi, magari si tingono e uno non li riconosce più come coppia: niente di più falso. I calzini spaiati hanno fogge completamente diversi, e non credo che il bucato cambi loro anche la trama del tessuto, il modello e il disegno.
L’unica soluzione che ho trovato sarebbe quella di comprare tutti i calzini uguali, ma tutti tutti. Così non sarebbero più spaiati, solo ogni tanto qualcuno rimarrebbe da solo, per un po’ di tempo, ma almeno la mattina non impazzirei a vestirmi...

...ma il mistero non sarebbe comunque risolto.

mercoledì 4 novembre 2009

La morte è l'unica cosa seria della vita. E anche quella nemmeno troppo.





Un cimitero piccolo, scosceso, tutto in salita. Tutto verde e grigio. Verdi i cipressi, grigio il cielo basso, verde il prato, grigie le lapidi. Una zanzara flette le sue zampe sull'angolo di una croce.


La pioggia è nell'aria. E' quasi come se fosse già caduta. Il vento sempre più forte. Il vento è grigio, ovviamente. I cipressi non sono cipressi: sono giunchi. Sono fragilissimi, sono flessibili, sono impotenti. Il cielo è sempre più basso: tende il suo stomaco su quel quadrato di terra. Di quello che sta fuori non gli importa.
Vento, vento, vento. Venti le persone che su quel terreno in pendenza si inerpicano come capre in cerca di un masso salato da leccare. Tutti che cercano di avvicinarsi al cappotto di legno fiorito di un uomo che fino a pochi giorni fa aveva mangiato, parlato, pisciato e sofferto. E ora non più.
Da un lato il sacerdote nei suoi bellissimi paramenti: l'abito è bianco, la stola viola, che quando si tratta di funerali è la morte sua. Sputacchia qualche frase dalle fessure della sua dentiera, qualche frase su come quell'uomo che non conosce ha onorato una vita che non sa.
Ogni tanto lascia cadere qualche spruzzo di acquasanta su quei fiori lugubri che ben presto saranno, per fortuna, celati da un metro di terra. Il cielo lo imita e lascia cadere qualche goccia del suo profano carico di pioggia.
E poi: un ironico mulinello solleva l'abito liturgico e lascia vedere quei comunque mondi scarponcini di vernice nera che ogni sacerdote ha nel suo armadio. Scopre, però, anche dei non mondi calzini di spugna con una grechina rosa sul bordo superiore e un paio di decrepiti polpacci pelosi.
Una ragazza ridacchia e si cala meglio sul capo il suo cappello, fingendo di tossicchiare. Poi tace, si fa seria per un attimo...Poi scoppietta, sbuffa...Ridacchia ancora.
Poi basta. Poi ci si avvia all'uscita e si chiede:"Quanti esami gli mancano a tuo figlio?", "Hai visto qualche bel film al cinema?", "Uh, come si è fatto tardi! Cosa preparerò per cena!". E si va a casa, chè si è fatto tardi.
Perchè alla fine mangiare, parlare, pisciare e soffrire e poi non più è la morte, che poi è
la vita. Tantissimo di triste, ma niente di strano.
Tutto sommato quel giorno, il vento che ha sollevato la gonna al prete, l'ha detto a tutti, che si può ridere anche di quelle situazioni lì, con rispetto parlando.
Mi fa ridere che Vescovi, Papi e tutta quella gente rigorosamente dotata di pelosi polpacci profani appena qualche centimetro più su del bordo delle loro babbucce rosse, emani appelli di vita dopo aver emanato innumerevoli sentenze di morte.
E mi fa ridere che sempre loro, che a quanto pare preferiscono trattare il tema della morte per fame di una persona ridotta allo stato di un cactus, snobbando quelli che sempre di fame moriranno, ma potendo contarne i morsi uno ad uno, non si siano presi la briga nemmeno di controllare su un dizionario italiano il significato del termine "eutanasia"...No, non in quel librone nero là, Benny, che il vecchio testamento non è proprio aggiornatissimo...

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